GOVERNANCE URBANA E NUOVO CICLO POLITICO A ROMA
di MARCO CAUSI
Il progetto di governo per Roma nel 2013 da parte del centrosinistra non potrà limitarsi a riproporre quanto percorso durante il ciclo 1993-2008. Siamo in un nuovo ciclo politico, per non parlare di quello economico. Molti problemi strutturali da affrontare, però, sono sempre uguali. E non si dovranno fare sconti al centrodestra per i vistosi passi indietro degli ultimi quattro anni.
Grande come una casa, ora come allora, resta il problema della governance urbana. Inadeguata in tutte le grandi aree urbane italiane, a Roma lo è ancora di più. In Italia non si sono sviluppati strumenti di governo degli agglomerati urbani di area vasta per responsabilità principale delle Regioni. E Roma ha dovuto confrontarsi con il Lazio, storicamente una delle Regioni più inefficienti e inadeguate d’Italia, tanto che c’è anche chi propone, dopo il recente tsunami, di abolirla. Su questo versante il nuovo ciclo dovrà mettere la città nelle condizioni di sfruttare tre opportunità: l’auspicabile riscrittura del Titolo V della Costituzione, in un senso che riduca lo spazio delle Regioni e ne modifichi il funzionamento; le nuove norme sulle città metropolitane; la piena attuazione della “specialità” costituzionale di Roma capitale.
Roma sarà la prima grande città italiana a sperimentare le nuove norme sulle città metropolitane. Due diversi dilemmi andranno sciolti. Primo: una città metropolitana che incorpori gli attuali poteri di comune e provincia (più i nuovi), il cui sindaco sia direttamente eletto; oppure una città metropolitana di secondo livello, che non sembra differire molto dalla “nuova” provincia. C’è da sperare che il centrosinistra opti per la prima strada, innovativa, piuttosto che per la seconda, conservativa. La città metropolitana di Roma capitale potrà ottenere nuovi poteri dalla Regione, secondo le norme valide per tutta Italia, ma anche ulteriori poteri derivanti dalla specialità di capitale, ciò che non è avvenuto all’interno dei decreti di attuazione di Roma capitale a causa dell’ottusa opposizione della Polverini. Il centrosinistra, nel suo programma per la “nuova” Regione Lazio, si dovrà dimostrare coerente con la necessità di dotare Roma dei necessari strumenti di governo metropolitano, soprattutto in tema di reti, servizi pubblici locali, attività produttive, commercio e turismo.
Il secondo dilemma riguarderà la delimitazione della città metropolitana. Andrebbe finalmente affrontato in modo laico e democratico: se prendiamo come criterio la contiguità territoriale, ci sono molti comuni della provincia di Roma che non ne fanno parte, e ci sono comuni fuori della provincia di Roma che ne fanno parte. Ci sono comunità amministrate che ne vogliono fare parte, e comunità che sono invece inclini al “no”. Si facciano lavorare con serenità i territorialisti – finora le riforme Monti sono frutto di un lavoro, spesso frettoloso, dei soli giuristi; si prospettino le alternative; si facciano esprimere i diversi territori. Il processo non sarà breve: almeno, per una volta, cerchiamo di farlo bene.
Il punto politico è: le future legislature di comune e regione hanno valenza “costituzionale”, dovranno affrontare numerosi cambiamenti, non solo quelli della sobrietà e del rigore ma anche quelli della costruzione di nuove forme del governo locale. I programmi dei diversi schieramenti e dei candidati dovranno essere all’altezza.
Intanto, bisognerà dare attuazione alla vera novità dei decreti di Roma capitale derivanti dalla legge sul federalismo fiscale. Il fatto che pochi se ne siano accorti è un segnale del degrado della discussione pubblica locale … ma il secondo decreto, quello di maggio, introduce una nuova procedura di programmazione pluriennale degli interventi infrastrutturali nel territorio di Roma capitale. La nuova procedura sostituisce la precedente, contenuta nella legge 396 del 1990, e prevede la possibilità di intese istituzionali di programma, di accordi di programma quadro e di contratti istituzionali di sviluppo al cui interno lo Stato concorre al finanziamento degli interventi di interesse nazionale nel territorio di Roma. Due le novità rispetto al passato: lo Stato non darà soldi prima di conoscere progetti e programmi, ma soltanto all’interno di un quadro di programmazione condiviso; le modalità di decisione e di attuazione (compreso il monitoraggio, il controllo, l’eventuale esercizio di poteri sostitutivi e la possibilità di revoca dei finanziamenti) sono ancorate alle nuove norme in materia di politiche di sviluppo e coesione, nonché agli obiettivi della perequazione infrastrutturale.
Per comprendere la portata di questa novità bisogna ricordare alcuni errori compiuti dall’attuale giunta comunale. Nel 2008, all’interno di un patto leonino con Berlusconi e la Lega Nord, il Campidoglio ha acconsentito all’azzeramento dei fondi stanziati sulla vecchia legge per Roma capitale, la già citata 396/1990, ottenendo in cambio le risorse per il ripiano del debito pregresso. Si ottennero soldi per ripagare il debito e si rinunciò ai soldi per gli investimenti. L’operazione fece uso di una dura polemica sull’entità del debito ereditato, basata su numeri gonfiati a dismisura e parecchi artifici contabili (per un’analisi dettagliata di tutta la vicenda del piano di rientro del debito del comune rimando all’analisi effettuata da Marcello Degni, contenuta in http://www.obiettivocomune.it/?p=541).
Liberata dal debito, la giunta Alemanno avrebbe potuto comunque avere sufficienti risorse per proseguire il ciclo di investimenti pubblici che aveva ereditato: i soli pagamenti di interessi risparmiati sul bilancio corrente erano nell’ordine di diverse centinaia di milioni all’anno. Ma invece, sciaguratamente, quei risparmi sul bilancio corrente sono stati pressoché interamente assorbiti dall’aumento della spesa corrente. Sono aumentati, soprattutto, i costi dei contratti di servizio delle società comunali, con rilevanti – e spesso poco giustificati – incrementi occupazionali, per non parlare della costosissima girandola di presidenti e amministratori delegati.
Nonostante l’accollo (parziale) del piano di rientro sulla finanza centrale, quindi, la giunta Alemanno si è trovata in affanno sugli investimenti. Con la crisi è poi arrivata, in particolare a partire dal 2010, una stretta generale sulla finanza comunale. Da qui i discutibili project finance sulle metropolitane e, poi, il tentativo delle Olimpiadi, per le quali è stato proposto un programma privo di attendibilità e di verificabilità in termini di attuazione, giustamente bocciato dal governo Monti. E sempre da qui l’affannoso e goffo tentativo di vendita delle azioni Acea, pur dopo il pronunciamento del referendum, così come il forte ritardo con cui si è lavorato su valorizzazioni e dismissioni immobiliari (si pensi, per fare un esempio, che l’area di Collatino Togliatti è tornata in assemblea capitolina soltanto adesso, quando un progetto di valorizzazione era già pronto prima che Alemanno si insediasse, e sembra portare un valore di gran lunga inferiore a quello previsto quattro anni fa).
Il governo Monti però, mentre bocciava il progetto olimpico, dimostrando che a Palazzo Chigi era arrivato un nuovo vento del nord che aveva sostituito allo sguaiato “patto della pajata” fra Bossi, Polverini e Alemanno una gestione improntata a rigore e giansenismo, qualche settimana dopo ha accettato di modificare il secondo decreto su Roma capitale durante il suo passaggio in Parlamento, accogliendo le proposte che già da tempo circolavano per l’inserimento di Roma nelle ordinarie procedure della programmazione nazionale degli investimenti strategici (sia permesso rimandare a quanto da me scritto, per le proposte, in http://www.obiettivocomune.it/?p=670, per una valutazione più completa, in http://www.obiettivocomune.it/?p=689).
Roma si deve perciò attrezzare ad una interlocuzione con lo Stato diversa dal passato: non si tratta di “portare soldi a casa” e poi decidere cosa farne, ma al contrario di programmare insieme allo Stato lo sviluppo della città. Con idee, documenti, progetti all’altezza della città capitale: non stupisce che la giunta Alemanno non sembri in grado, negli ultimi mesi di vita, di dare avvio a questa nuova fase. I programmi del centrosinistra e dei suoi candidati alle primarie e alla competizione finale dovranno invece, sperabilmente, mettere al centro della sfida una “nuova programmazione”.
Al cui interno rimettere tutto in discussione, anche alla luce del ben noto vincolo finanziario: sulle metropolitane (cosa si deve completare e cosa si può convertire in reti meno costose, come i tram), sulle modalità di attuazione dei project finance (per ridurre il potenziale devastante impatto sulle cubature di alcuni accordi sottoscritti, o promessi, dall’attuale giunta comunale), sulle ferrovie regionali, sull’aeroporto di Fiumicino, sul riuso a fini produttivi e non speculativi di tanto edificato da convertire per i bisogni della città fermando la tendenza alla sua incontrollata espansione, sull’ambiente e sui beni culturali. La redazione dei programmi da portare nelle sedi nazionali (Ministero sviluppo e coesione, CIPE) può diventare un’occasione d’oro per coinvolgere le migliori risorse ed energie della città in una riflessione sulla Roma di oggi e del prossimo decennio.
Per cercare di risalire, una volta ancora, la china politica che separa la Roma stracciona, che oggi purtroppo appare dominante nella percezione della pubblica opinione italiana e internazionale, dalla Roma capitale moderna e produttiva di un’Italia che decide di superare la sua crisi.
IL MANIFESTO DI “obiettivocomune”
Abbiamo un obiettivocomune: riprenderci la politica. Abbiamo un obiettivocomune: rimettere al centro dell’impegno politico le competenze, lo studio attento delle questioni, la valorizzazione del pensiero e delle esperienze. Abbiamo un obiettivocomune: restituire passione alla politica. Abbiamo l’obiettivo di ritrovare uno spazio comune. La città, che è il luogo di lavoro, produzione, consumo, ineguaglianze, disagio, inefficienze. La città, che può essere luogo di sviluppo, integrazione, aggregazione. Abbiamo l’obiettivo puntato sui Comuni, sulla vita delle istituzioni cittadine, sui centri di potere. Il monitoraggio attento delle decisioni pubbliche e delle pratiche di governo locale sarà il nostro strumento per immaginare e definire una nuova politica nazionale e generale.