Come il campidoglio ha deragliato negli anni di Alemanno
Gli ispettori del ministero dell’economia chiamati nel 2013 ad effettuare una “due diligence” del bilancio ereditato da Marino ricostruiscono l’evoluzione della spesa comunale durante gli anni di Alemanno – effettuando tutte le necessarie correzioni per arrivare al confronto di dati omogenei – e così concludono: «Il vantaggio ottenuto dall’ente a seguito dell’accollo da parte dello Stato degli oneri a servizio del debito contratto antecedentemente al 28/4/2008 si è tradotto nell’anno 2009 in un incremento della spesa corrente di importo addirittura superiore … a distanza di cinque anni la spesa è aumentata di circa 900 milioni di euro».
In cifre, l’ultimo rendiconto Veltroni del 2007 ha una spesa corrente di 3,2 miliardi, che nell’ultimo rendiconto Alemanno del 2012 troviamo lievitata fino a 4,1 miliardi: più 28 per cento in cinque anni.
Le norme speciali del 2008-2009 hanno generato un vistoso allentamento dei vincoli di bilancio del comune, consentendo alla gestione Alemanno un vero e proprio deragliamento della spesa corrente, con i corollari delle assunzioni Atac e Ama e dell’esplosione della spesa che sotto l’etichetta del “sociale” nasconde purtroppo ciò che l’inchiesta Mafia Capitale sta portando alla luce.
Marino eredita un pesante deficit strutturale, che adesso – con nuove norme speciali varate nel 2014 – è stato messo sotto controllo con un piano di rientro triennale monitorato dal governo nazionale.
Ho sempre sostenuto, e lo faccio ancora, che la “massa debitoria” accollata alle gestioni precedenti al 2008 fu costruita in modo artificioso, sommando pere con mele.
Allo stock del debito storico – di per sé ingente ed ereditato dagli anni ’80 e ’90, ma ben conosciuto – furono sommati debiti commerciali (pagamenti ritardati) e debiti fuori bilancio. Per questi ultimi non soltanto quelli già registrati, ma anche quelli ipotetici per il futuro, come ad esempio il contenzioso urbanistico.
Il segno politico di quella operazione – tesa a colpire il leader dell’opposizione parlamentare di allora – a me sembra chiaro. Il beneficio per Alemanno fu una disponibilità di bilancio ben più ampia del passato. Se in più ci mettiamo l’allentamento dei controlli e la vistosa riduzione della capacità amministrativa della macchina comunale, allora la frittata è fatta.
Può ben darsi che anche l’opposizione capitolina abbia goduto di una parte di quel beneficio, con sessioni di bilancio in cui c’era più spazio per finanziare proposte dei consiglieri di opposizione di quanto quegli stessi consiglieri avessero negli anni precedenti, quando erano maggioranza. Può ben darsi insomma che l’allentamento del vincolo di bilancio abbia indotto una distorsione nei comportamenti dell’opposizione. I segnali non mancano, e non c’è neppure bisogno di ricorrere alle recenti cronache giudiziarie.
Due conclusioni. Primo, le norme speciali del 2008-2009 non hanno funzionato, anzi hanno avuto un effetto nefasto. Sarebbe ora di superarle: riunificando – o almeno coordinando più strettamente – la gestione ordinaria del Comune con quella commissariale ante 2008 si possono trovare spazi per risparmi ed efficienza.
Secondo, il Pd deve saper ricostruire una lucida analisi storica di quanto è avvenuto, prima e dopo il 2008. Se oggi, sull’onda della giusta arrabbiatura, si cede all’idea che “tanto a Roma è stato sempre così” si fa soltanto un regalo alle forze sfasciste e fascio-mafiose. Non voglio certo dire che prima del 2008 non furono fatti errori, e anzi anche questi sarebbe ora di analizzarli in modo razionale e non emotivo né strumentale.
Attenzione però a non cadere nel tranello: la “damnatio memoriae” delle giunte precedenti il 2008, usata come pannicello caldo per lenire i dolori della sconfitta subita da parte di Alemanno, è parte integrante del disorientamento culturale e politico che il Pd capitolino ha sofferto durante gli anni dell’opposizione, mentre l’aumento della spesa comunale permetteva anche all’opposizione di ottenere benefici e di compartecipare agli indirizzi sull’impiego delle risorse.
IL MANIFESTO DI “obiettivocomune”
Abbiamo un obiettivocomune: riprenderci la politica. Abbiamo un obiettivocomune: rimettere al centro dell’impegno politico le competenze, lo studio attento delle questioni, la valorizzazione del pensiero e delle esperienze. Abbiamo un obiettivocomune: restituire passione alla politica. Abbiamo l’obiettivo di ritrovare uno spazio comune. La città, che è il luogo di lavoro, produzione, consumo, ineguaglianze, disagio, inefficienze. La città, che può essere luogo di sviluppo, integrazione, aggregazione. Abbiamo l’obiettivo puntato sui Comuni, sulla vita delle istituzioni cittadine, sui centri di potere. Il monitoraggio attento delle decisioni pubbliche e delle pratiche di governo locale sarà il nostro strumento per immaginare e definire una nuova politica nazionale e generale.