di RENATO GAVASCI

La genesi del problema
Fino alla fine degli anni ’70 la città di Roma smaltiva i rifiuti raccolti da personale, allora dipendente dell’Amministrazione comunale, negli impianti di Rocca Cencia e Ponte Malnome, già esistenti dove si sterilizzava il materiale organico destinato ad divenire mangime e si bruciava il residuale.
Questo sistema entrò in crisi a seguito dell’adozione di Direttive più stringenti sulla qualità dei mangimi animali e sulla qualità delle emissioni da inceneritori.
Dal 1985 il servizio di N. U. passò dal Comune di Roma all’allora AMNU, oggi AMA, che avrebbe dovuto svolgere per il Comune i servizi di raccolta e spazzamento dell’intero territorio, che dal 1980 veniva direttamente recapitato in discarica.
Lo smaltimento, stante le difficoltà incontrate nella realizzazione dell’impiantistica dedicata, fu allora totalmente affidato agli ampi volumi di invaso presenti in località Malagrotta, formatisi dall’estrazione del materiale inerte necessario alla realizzazione dell’aeroporto internazionale di Fiumicino.
Gli ampi volumi di discarica a disposizione, se da una parte furono utili a ritardare l’assunzione di scelte politiche impopolari, dall’altro hanno impedito lo sviluppo di impiantistica dedicata.
Negli stessi anni, infatti, sul palcoscenico politico nazionale si affermò la demonizzazione dei cosi detti inceneritori, che le Associazioni ambientalistiche per referenziarsi a livello nazionale portarono avanti. Le ragioni di tale demonizzazione furono fatte proprie anche dalla gran parte dei Partiti politici preoccupati più di attrarre il voto della protesta ambientalista che di dotare il nostro Paese di strutture moderne ed efficienti.
L’alternativa sempre utopisticamente indicata, e purtroppo mai realizzata veramente, per il superamento dello smaltimento nelle sue forme più classiche (incenerimento e discarica controllata) è, da allora, sempre stata la raccolta separata, anche utente per utente, delle diverse specie merceologiche presenti nei rifiuti ed il riutilizzo delle singole materie riutilizzate in industrie dedicate.
Questa alternativa allo smaltimento, certamente possibile, ed anzi da percorrere in modo sempre più risoluto, trova, però, i suoi limiti nel limitato recepimento da parte dell’industria del materiale recuperato e nella necessità, comunque, di smaltire il materiale non riutilizzabile.
Il sostegno politico dato ad istanze localistiche ha incoraggiato in tutto il territorio nazionale, in special modo al centro sud, atteggiamenti egoistici ed antisociali, con il risultato che ogni volta che si indica un sito per ospitare un qualsiasi impianto di trattamento rifiuti (in particolare combustori e discariche, ma anche semplici aree ecologiche attrezzate o stazioni di trasferenza) la protesta di chi risiede nelle vicinanze si leva forte, sostenuta dalla richiesta di attuare una raccolta differenziata che determini una produzione nulla di rifiuti. La giustificazione sempre data a tali proteste è la paura di conseguenze sulla salute e sull’ambiente; ma la formazione di liste di lotta, rappresenta l’occasione, per alcuni di ottenere vantaggi politici ed economici e per tutti la conservazione del valore economico delle proprietà.
La via d’uscita da tale realtà è l’assunzione da parte della Politica Alta della responsabilità di realizzare un sistema integrato di smaltimento dotato delle più ampie garanzie per la salute dei cittadini e per la salvaguardia dell’ambiente.
Il ciclo di smaltimento virtuoso.
La Regione Lazio, rinunciando alle semplificazioni offerte dall’attuare una singola operazione di smaltimento (discarica per il tal quale o incenerimento di tutti i rifiuti non intercettati dalla raccolta differenziata) ha già da tempo puntato sull’affermazione di un ciclo virtuoso di smaltimento, in cui coesistano azioni ed impianti di alta affidabilità, al fine di ottenere, oltre ad un minor costo complessivo del servizio, il superamento della necessità di enormi aree da dedicare a discarica controllata.
A questo ciclo concorrono:
– l’incentivazione economica ad industrie che utilizzino nel proprio processo produttivo sostanze facilmente recuperabili alla fine del ciclo di utilizzo,
– l’incentivazione economica ad industrie che modifichino il proprio ciclo produttivo o aumentino la propria potenzialità di utilizzo di materie prime secondarie raccolte differenziatamente,
– l’affidamento alle stesse società di produzione di beni dell’attività di ritiro e trasferimento degli imballi alle industrie del riutilizzo,
– la raccolta differenziata dei rifiuti organici prodotti da attività collettive (mense, mercati rionali, ospedali, etc) da avviare a produzione di compost di alta qualità,
– raccolta separata di specie merceologiche non miscibili, quali plastica, vetro, carta, stracci, dal residuale. Per tale raccolta sarà sufficiente l’utilizzo di solo due tipi di cassoni stradali, invece degli attuali tre. Le diverse specie non miscibili saranno, quindi, successivamente separate con un’alta percentuale di purezza in semplici impianti di separazione,
– realizzazione impianti di stabilizzazione della frazione organica residuale,
– realizzazione di combustori ad alta temperatura con produzione di energia per sostanza residuale caratterizzata da alto potere calorifico.
– Emanazione di direttiva legislativa che permetta, così come avviene in tutti gli altri Paesi della Comunità Europea, l’utilizzo di scorie vetrificate, in quanto derivanti da processi di combustione ad alta temperatura, come inerti,
– definizione delle caratteristiche di stabilità minimali per la frazione organica proveniente dalla raccolta residuale che, se conseguite, permetta il deposito in aree degradate che necessitino di ricostruzione morfologica.
Le azioni sopra indicate, d’altra parte, sonotutte già presenti nel Decreto Leg.vo 22/1997 (Ronchi), il quale individuava nel recupero di materia ed energia gli indirizzi da intraprendere nello smaltimento dei rifiuti.
La pericolosità delle emissioni da combustore sulla salute e sull’ambiente, d’altra parte, è assolutamente negata sia dall’utilizzo di questa tecnologia da parte di tutti gli altri Paesi della Comunità Europea (Parigi, Vienna, Berlino, Copenhagen ad esempio hanno in funzione combustori situati al centro delle città) sia dalla forte riduzioni di inquinanti emessi (a questo proposito è molto istruttivo confrontare la qualità delle emissioni imposte per i combustori di rifiuti con quella prevista per le emissioni prodotte dai combustori industriali) sia dalla qualità dell’aria rilevata nelle vicinanze di un combustore rispetto a quella rilevata all’interno delle nostre città e dovuta al traffico veicolare.
Il ciclo virtuoso, che la nostra Regione vuole adottare, differenziando il destino delle diverse specie merceologiche, permette di ottenere il risultato da tutti auspicato di abbandono della pratica di smaltimento, per lo più, in discarica, riducendo anche il costo complessivo dell’operazione di smaltimento, ora fortemente appesantito da operazioni inutili quali la raccolta differenziata porta a porta, grazie ai ritorni economici ottenuti dalla cessione delle materie prime secondarie e dell’energia prodotta.
La diversificazione delle attività di trattamento e recupero comprese nel ciclo virtuale, anche se costringono il gestore ad operare su più fronti, invece di semplificare in modo banale le operazioni di smaltimento per la totalità dei rifiuti, hanno il vantaggio di utilizzare ogni sostanza nel modo più appropriato, riducendo i costi del servizio e conseguendo il risultato utopico “Rifiuti Zero”.

Prof. Ing. Renato GAVASCI

 

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